Considerazioni amare sull'amicizia

Ovvero "quando il tempo alla fine ti dà ragione".

Cos'è l'amicizia?
Cos'è veramente, al di là delle belle frasi di circostanza da Bacio Perugina, cos'è nel profondo, quali cose smuove, quali cose comporta, quali rinunce ci spinge a fare, quali movimenti nell'animo ci porta?

Potremmo stare a parlarne per ore, anni, secoli, senza trovare una definizione univoca. E probabilmente è giusto così, ognuno ha il suo modo di vivere e di interpretare i rapporti interpersonali, ogni persona ha il suo modo di relazionarsi con gli altri che dipende strettamente dal modo in cui ogni persona si relaziona con sé stessa. Ci sono rapporti superficiali per persone superficiali, rapporti di convenienza, persone con le quali si trascorre del tempo e si scambiano battute e pensieri, e persone con le quali c'è effettivamente un rapporto che parte da lontano, si basa su dialogo e sentimenti, e che ogni volta lascia qualcosa di nuovo o di rinnovato nell'animo.

Da questo punto di vista la mia considerazione amara è che avere un'amicizia vera, profonda e sentita, è merce più unica che rara. Che spesso si investe tempo e fette di cuore a chi non lo merita. E non c'entra un cazzo se una persona è più o meno simile a te: l'amicizia non si basa su sensazioni vissute a specchio, ma si basa su condivisione profonda di tempo ed emozioni.

Ho varie storie diametralmente opposte che mi spingono a pensarla così.
Ho un amico di adolescenza (medie, superiori, università passate da compagni di banco e di "giochi") che, un po' per colpa di entrambi, ha condiviso con me il lutto del perdersi per anni e il piacere di ritrovarsi, cambiati dalle scorie della vita e dalla maturità, non necessariamente migliori ma diversi. Il rapporto ora va avanti su base quotidiana, con la certezza della mano tesa nel momento del bisogno.
Ho un'amica che conosco da relativamente poco, con la quale condivido alcuni principi di vita e di logica, che stenterei a definire diversamente da "sorella", che sa sempre esattamente quello che mi passa per la testa, abbastanza simile a me nelle cose che contano ma con la capacità di darmi comunque consigli ragionati e soluzioni diverse da quelli che mi si palesano in testa per i piccoli grandi problemi di tutti i giorni.
Ho un'altra amica, con cui il rapporto è solamente in apparenza superficiale, ma che ha saputo (e sa ancora) a più riprese prendermi dal lato giusto e di nuovo, darmi i consigli che mi servivano.
La terza amica, forse quella che in assoluto è stata "migliore", se mi passate il termine da bimbiminkia, è poi diventata la mia attuale fidanzata, e la quasi totalità delle cose che prima avevamo da amici, è rimasta. Con qualche benefit in più, e anche qualche problemino in più. Ma rimane un'amica oltre che una fidanzata, ed è uno dei motivi che me la fanno apprezzare di più come essere umano.

D'altro canto ho anche una persona che consideravo amica, un ragazzo, al quale ho voluto bene ma col quale ho compiuto l'errore più clamoroso che potessi compiere: abbassare la guardia a livello sentimentale, permettergli di entrarmi dentro e condividere anche qualche sogno, per poi cogliermi totalmente impreparato quando, facendosi largo tra i miei guantoni, ha trovato un varco per cacciarci un pugnale avvelenato. Infido e bastardo, chiuso come un riccio solo quando vuole lui, aperto e solare solo quando vuole lui, indecifrabile come un codice nazista, capace di grandi gesti di affetto come di ignobili porcate.
E nello squallido teatrino di quelle che io chiamo "amicizie di convenienza", che in realtà io archivierei sotto la voce "conoscenti" se non fosse che se non li si chiama "amici" si offendono, vedo persone che condividono del tempo e delle chiacchiere, delle dinamiche perverse e costringenti, che mi costringono a dissipare energie in qualcosa che non credo. E sono quelle che vedo quasi tutti i weekend. Gli voglio male? No di certo. Ma non saranno mai i primi a conoscere i miei pensieri o i miei problemi: probabilmente saranno i primi a sapere se mi è piaciuto Star Wars, ma forse gli ultimi a sapere se mi piacciono loro.

Perché non la faccio finita, allora? Perché non si può vivere del tutto come eremiti, e perché ogni tanto un po' di compagnia non guasta, in mancanza di altro. Li sto usando? Ci sta. Ma è, diciamo così, un mutual agreement. Ma soprattutto perché gli amici buoni che citavo sopra sono magari lontani, hanno le loro vite e non sono certamente in grado di avere una frequentazione assidua con me che non sia in via epistolar-elettronica.

In conclusione, per definire cosa sia l'amicizia per me, mi trovo a confutare altre persone che hanno provato a farlo prima di me, in quella lunga sequela di frasi glitterate che la gente spara sulle bacheche di Facebook sentendosi fighi e sentimentali.
  • "L’amicizia nasce nel momento in cui una persona dice ad un’altra: “Cosa? Anche tu? Credevo di essere l’unica” (C.S. Lewis). Forse basterà all'inizio, come pretesto. Ma l'amicizia è il sacrificio di mettere a confronto posizioni diverse, non può basarsi solo su comunione di vedute. Per quello c'è la politica, o i circoli.
  • "L’antidoto contro cinquanta nemici è un amico" (Aristotele). Questo non toglie che un amico possa trasformarsi in uno dei nemici, con lo svantaggio che è vicino al tuo cuore e sa dove colpire.
  • "Un Facebook-dipendente mi ha detto: ho fatto 500 amicizie e in un giorno: io non le ho fatte in 86 anni. Ma quanti amici può davvero avere un essere umano?. Risposta: 150. Non di più. È questo il Numero di Dunbar: ovvero, la quantità massima di persone che possono far parte del nostro paesaggio emotivo. Andare oltre sarebbe un esubero, uno spreco di tempo (Zygmunt Bauman)". Centocinquanta amici? Numero di Dunbar? Condivisibile il discorso su Facebook, la rovina di questa frase è la seconda parte. Gli amici buoni sono quello che sono, dipende da quanto sei complicato tu e quanto sei fortunato ad incrociare il loro cammino. Centocinquanta. Ma dai.
  • "Gli amici sono parenti che vi scegliete da soli (Eustache Deschamps)". Da quando i parenti sono amici?
  • "L’uccello fa un nido, il ragno una ragnatela, l’uomo una amicizia (William Blake)". Uno fa una cosa per vivere, un altro per mangiare, il terzo la fa per parlare di metafisica e massimi sistemi e cinema e libri davanti a una birra. Nido e ragnatela sono già coperti da "famiglia", non "amici". Gli amici condividono il superfluo e tutto il tuo pensare sulle "robe grosse della vita", cosa che è esattamente quello che ci rende superiori agli altri animali.
  • "Trova il tempo di essere amico: è la strada della felicità (Madre Teresa di Calcutta)". Non esattamente, Madre. ESSERE amico è facile, trovare qualcuno che lo sia coi tuoi stessi presupposti è difficile, e se ti sbagli - oh, quant'è facile - diventa la strada per il travaso di bile.
  • "Le colpe di un amico scrivile nella sabbia (Pitagora)". Eh no. Le scrivo sul marmo della lapide con cui ricordo a me stesso il perché a quella persona non vale più la pena di concedere tempo. Non ho più 15 anni, e perdonare diventa sempre più difficile. Non siamo bambini. Se hai agito alle mie spalle, alla tua età, vuole dire che non sei maturo abbastanza per me, o per la vita. Ti concedo che possa anche essere io quello non maturo, che non riesce a capire i tuoi sbagli: il risultato non cambia. Ognuno a casa sua.
Potrei andare avanti ore, in un delirio autoreferenziale di cose che non danno diritto di replica agli autori citati. Ma poi alla fine penso che questo è il MIO pensiero, e non ho l'esigenza di mediare, di sistemare, di far andare avanti in qualche modo le cose qui su questo blog.
Qui vanno come dico io.

A proposito del mediare. Le frasi "ma tu devi accettare le persone per quello che sono" e "devi essere più diplomatico" sono dei funghi velenosi, dei cancri attaccati a rapporti malati, dei parassiti che servono a giustificare, talvolta, la mancata volontà di cambiare l'inerzia di qualcosa che non va.
Accetto tutti per quello che sono, proprio perché li accetto e non voglio cambiarli mostro loro rispetto, ma decido anche da persona adulta chi frequentare e chi no, chi avere vicino e chi no. Rispettare una persona non la rende necessariamente amica tua.
Devi essere più diplomatico è una cosa che mi fa un po' ridere, soprattutto se chi lo dice ha appena finito di dire la frase di cui sopra. Se l'amicizia è un rapporto bidirezionale, anche lui ha il dovere di accettarmi per quello che sono, o no?

In ultima analisi, per decidere se il tempo passato con una persona è valido o meno basta porsi una semplice domanda: "se questo tempo lo trascorro in casa facendo qualcosa che mi piace, sono più contento?".
Per me la risposta è spesso "sì".

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